Da Nazione Potente a Popolo Felice

Da Nazione Potente a Paese Felice: un Cambio di Paradigma

 

La pena che ho provato nel vedere Casa Pound fare la campagna per le lobby del nucleare con lo slogan complessato “Italia potenza nucleare”; ma come si può averlo così piccolo? Eppure piccolo ce lo abbiamo tuttei; o per lo meno, sono proprio i governi, la politica e gli stati stessi che ce lo vogliono far sentire piccolo.

Ricordate quando Mussolini, anche detto “il molleggiato” (scusa Adriano, nessun riferimento) per il suo manierismo da pagliaccio, urlò dal balcone, “L’Italia è un impero”? Beh, un Popolo con idee chiare, ed amor di se stesso, avrebbe urlato in coro, “Echissenefrega!” Ma si sa, il fascismo nasce da un grande complesso di inferiorità verso le nazioni vicine.

Come se quello che conta per una persona, veramente, sia quanto l’Italia, gli USA, la Russia, o la Francia siano “più forti” di altri… No, quello è un idolo, un falso dio offerto dalla politica in cambio del vero obiettivo, della vera missione che uno stato (ed i suoi servitori e servitrici in politica) dovrebbero offrire: la felicità ed il benessere del suo Popolo, e del paese che serve (inclusa la Natura).

Ed è così che mentre Biden aumenta il budget del pisello piccolo, ooops, scusate della “difesa”, come la chiamano loro con ironia criminale, una larga fetta della popolazione chiede quell’invenzione Comunista che è la sanità pubblica. Ecco, questa fetta del Popolo è quella che capisce la vera funzione di uno stato. Agli altri va il contentino di poter buttare bombe sulle teste di gente migliaia di chilometri più in là in cambio di una spesa personale di 3.000 dollari per un’ambulanza a 500 dollari per ogni punto di sutura… Più le bombe…

Anche in Italia qualche mugugnio si è alzato alla proposta di aumentare le spese militari di 15 miliardi (!!!), quando abbiamo una sanità in sfacelo, una scuola ammuffita ed asservita, trasporti che non trasportano, un paese naturalmente stupendo ridotto ad un immondezzaio, e pensioni che non arrivano se non direttamente quando ormai si è al campo santo…

Ecco qua il grande inganno della “potenza”… Ma chi se ne fa qualcosa di sta potenza? Meglio un afrodisiaco, se quello è il problema, e vi assicuro che costa molto meno di un missile terra aria…

Ecco qua come smazzare sta fantomatica “potenza” in realtà non è che spaccio illecito di armi alla popolazione, o meglio, la popolazione le paga… vabbè, ci siamo capiti. È pubblicità regresso.

Ma si può anche andare indietro… Pensiamo all’Impero Romano. Ok, facciamo un esercizio mentale; pensate ad una persona romana, o alla Roma Antica; quali aggettivi vi vengono in mente? “Potente,” certo, “organizzato”, “violento”, anche “ricco”… ma “felice”? Anche leggendo i testi contemporanei, di felicità non se ne parla… L’Impero Romano non è riuscito a passare alla Storia l’immagine di un paese felice.

Perché, quello Britannico è diverso? Leggi Dickens e di tutto si può dire, tranne che il Popolo fosse felice… O quello USA? Ok, hanno avuto un periodo in cui si descrivevano come felici, negli anni 50…

Ma si sa, quella fu una grande campagna pubblicitaria, in cui “felice” voleva dire avere l’aspirapolvere… Era una promessa, che poi si infranse appena la “felicità del consumismo” si scontrò con la “felicità delle idee”, negli anni 60…

Eh, no, se non sei contento con l’aspirapolvere ma vuoi persino tenerti i capelli lunghi e praticare il libero Amore e la Pace, scusate, ma lo Stato ha il dovere di reprimervi… Per poi ovviamente denigrarvi ad infinitum come drogati e drogate zozzoni/e con troppo tempo libero e nulla da fare. Anzi, persino con il tempo di divertirvi e – cosa molto più grave – addirittura pensare!

Eh, d’altronde, Pace e Amore portano ad una felicità che non si può vendere, monetizzare e quotare in borsa… Al contrario delle armi. Ed è così che siamo finiti e finite a cercare un palliativo alla felicità nei finestrini elettrici, cessi che ti lavano il deretano, app che ti dicono quanti capelli hai in testa ed altre minchiate, tutte eredi di quel concetto spacciato come “felicità” negli anni 50 e 60.

Non fraintendetemi; non dico che la lavatrice non sia utile; anzi, ma non mi rende proprio felice. In quanto all’utilità dei suoi successori ed eredi, lascio a voi decidere…

Ma questo è proprio il punto: ci hanno insegnato che la felicità non esiste, non quella roba da idealisti illusi che credono ai sentimenti… No, esiste il consumismo, e poi esiste, appunto, la “potenza”; che l’occidente giustifica col suo “dovere e mandato cosmico” di garantirti sempre più consumismo… E come si fa a garantirti l’app che ti conta pure i peli del culo senza buttare qualche bomba su bambini in Africa o in Asia?

Eh, si sa, serve petrolio sia per l’app, ed anche per il nostro complesso dì inferiorità… E allora, lontano dagli occhi, lontano dal cuore, che crepi il bambino, ma facciamo pure 12 milioni di persone (solo con le guerre, non conto i morti di fame ecc…), basta che noi ci si senta “potenti”.

E non a caso il “gadget” più importante e diffuso che ci hanno venduto consumismo e capitalismo è la lavatrice delle Coscienze, conosciuta come “stampa”: 240 mila (!!!) bambini morti per la guerra in Yemen? Basta non parlarne; ed il Mastro Lindo delle TV ci ha risolto tutto. Il più grande campo di concentramento (e sterminio, se permettete la verità) mai esistito si chiama la Striscia di Gaza? Facciamo che non se ne parla e tutti possono correre a comprare il nuovo smartphone senza doversi preoccupare… O sentire in colpa…

E chi cambierebbe mai due fustini di lavacoscienza concentrato (no bio, mi raccomando) per il futuro di un bambino che scappa dalla guerra? Che poi se è di colore o “scuro”, il bianco più bianco non si può non si addice mica…

E non parliamo di educazione: perché insegnare ad un bambino la felicità nel vedere un fiore che sboccia è da frichettone/a rincolgionito/a (e drogato/a, intendiamoci); ma “regalargli” il videogioco violento che lo zombizza è da genitore accorto e premuroso…

Che poi sta cosa della “potenza” va a braccetto con la paura. Reale o percepita. Eh, perché chi ha paura vuole sentirsi potente. E state tranquilli e tranquille che di quella ce n’è da vendere, anzi da regalare. Forse l’unica cosa che ci regalano, alla fine dei conti…

Allora, quando un Popolo non è minacciato, la scusa per farlo sentire minacciato la si trova. Eh, saranno sti 20.000 migranti che ci rubano la felicità… E quando manco quello funziona, una bella guerra che unisce tutto il paese sotto la bandiere di paura e potenza è ormai garantita.

 E qui mi viene un dubbio. Ma le biciclette elettriche sono un’alternativa alle macchine, o alle biciclette a “pedalata umana”? “E cosa c’entra,” direte voi? Beh, intanto andrebbe fatto uno studio. Ma… Il fatto è che noi ci riempiamo la bocca di “democrazia” fatta di bombe sui poveri del mondo; e fino a quando non ci tocca da vicino, tutto va “bene”; ma nel frattempo, proprio ora, sti strilli forsennati che (traduco), “Gli interessi dell’occidente non si toccano,” ci stanno portando sempre più vicini al baratro, e noi ci illudiamo di poterlo saltare con gambe potenti, mentre manco camminiamo quasi più! E lo stesso vale per le nostre menti, all’urlo di “potenza, voglio la potenza, potenza, potenza!”

E noi italiane ed italiani, che di questo urlo, di questo complesso del pene piccolo, ne abbiamo fatto un tratto socioculturale fino al punto di regalare al Mondo intero niente poppò di meno che il fascismo stesso, dovremmo a questo punto imparare la lezione…

Echissenefrega di una nazione potente; quella ce la prometteva pure Mussolini, e si è visto come è andata a finire; cari politici e care politiche,  cominciate a fare proposte per la felicità del Popolo… e del Paese, tutto, inclusa la sua Natura…

Vi mancano idee? Vi do una mano: giustizia sociale, sanità che funzioni, una scuola che insegni il pensiero critico, sicurezza sul lavoro, sicurezza economica, opportunità, un ambiente pulito, libertà energetica dei singoli e delle famiglie, cibo sano, a core, pure, Peace and Love, se ci arrivate… Come vedete, mancano gli armamenti; spiegatemi voi come ci renderebbero felici…

Della vostra potenza, a noi, Popolo, frega un’emerita minchia!

Vogliamo solo esser F-E-L-I-C-I!

 E render felici tutte le persone del Mondo!

 

Chiaro?

 

 

Adriano Bulla

 

8 Marzo 2022

Democratizzazione del Lavoro

Dalla Dittatura del Proletariato alla Democratizzazione del Lavoro

Viva la Democrazia! E ancora, quante volte ci hanno detto che Democrazia e capitalismo sono praticamente la stessa cosa? Che le alternative non esistono, o falliscono… Eh, però, purtroppo il capitalismo avrebbe un difettuccio non da ridere su questo punto…

Vediamo un po’. Ti svegli alle 7 del mattino in una casa del tutto democratica, fai colazione frettolosamente “democratica” (almeno all’apparenza), poi prendi il bus e magari riesci persino a fare il tuo dovere da buon cittadino o buona cittadina e leggi di fretta qualche articolo di giornale.

Ma appena arrivi al lavoro, la Democrazia è sospesa. E lo sarà per otto ore, fino a che la corsa fantozziana all’uscita dalla Megaditta ti riporta ad una forma di almeno respirabile libertà, sebbene inquinata dalla Megaditta stessa… E quando arrivi a casa, sei così stanca o stanco che, veramente, la forza di essere democratica o democratico non l’hai più. E ti sottometti a quel Grande Fratello a 16 o più pollici che ti rincoglionisce per bene, giusto in caso ti vengano idee che nuocciano al sistema, e intanto ti vende anche qualche merendina chimica preconfezionata a prezzi gonfiati.

Sì, perché per la grande maggioranza delle persone la Democrazia non esiste dal mattino fino la sera. Ma non preoccupiamoci, ci hanno lasciato la libertà di essere democratici quando dormiamo…

Il posto di lavoro per tutte le lavoratrici e tutti i lavoratori dipendenti non ha nulla di democratico, e questo è il grande regalo del capitalismo: “Siate pure democratici se riuscite ad evitare il condizionamento mentale del consumismo, ma non sognatevi di farlo per quel terzo della vostra vita che prende le ore migliori di ogni giornata lavorativa! E non dimenticatevi di votare una volta ogni cinque anni!… Per chi scegliamo noi capitalisti, ovviamente.”

Ma non vi pare ironico se non distopico che ci crediamo democratici quando non abbiamo alcun diritto di decidere della parte più determinante, ed anche la più “ingombrante” della nostra vita?

Un’attimo, ma esiste un’alternativa? Certo! Puoi fare baracca e burattini e andare a vivere in un ecovillaggio. Beh, “puoi”… facile a dirsi, molto più difficile farsi, specie se hai un mutuo e figli a carico….

E allora? E allora dobbiamo fare un viaggio nel tempo… Ma cominciamo con i giorni nostri, perché una risposta forte viene proprio dal cu…ore (e vabbè, certe parole non si dicono) del capitalismo mondiale, gli USA, che incredibilmente sono uno dei grandi laboratori dell’EcoSocialismo mondiale…

Chiaro, l’Italia manca nella lista dei paesi dove si sviluppano certe idee, me si trovano l’India, il Sud America, e pure il Nord… Ma non divaghiamo… il fatto è che nella terra e nel terreno fertile del movimento di Bernie Sanders, esiste un personaggio, tale Richard Wolff, Professore di Economia in una serie di università che vanno dalla Sorbona, a Yale e New York, oggi Emerito alla University of Massachusetts Amhertst, e… beh, mosca bianca, pure Marxista, figura chiave del pensiero EcoSocialista, grande divulgatore e fondatore della rivista Rethinking Marxism (ripensare il Marxismo).

È certo grazie in gran parte a lui che se dopo Nixon parole come “Comunismo” o “Socialismo” erano tabù e sinonimo di “orco cattivo” in USA, mentre oggi, secondo sondaggi, il 30% degli statunitensi ritiene il Socialismo una “buona cosa”.

Ma come si è arrivati fini a questo punto nel paese più storicamente ostile al Socialismo e Comunismo? Certamente le lezioni (con milioni di visualizzazioni) e i suoi programmi online hanno fatto tanto, aiutati da un sistema di media alternativi tipo Democracy Now!, Rebel HQ e The Young Turks. Ma come ci è arrivato lui a questa soluzione che ancora vi tengo nascosta?

In due modi… Uno, guardando diversi sistemi nel mondo; due, facendo quello che tutte le analisi corrette debbono fare: ha guardato nel passato, dove nasce un errore, ed è tornato proprio a quel bivio…

Ora, quanti sanno cosa significhi “dittatura del Proletariato”? Ok, ho sempre trovato questo termine “sfortunato”, ma… Intanto non la inventò Marx, ma un suo amico e collega Joseph Arnold Weydemeyer. E non significa quello che poi divenne con il pensiero bolscevico e, bisogna dirlo, pure Leninista.

Weydemeyer e Marx (come poi Trotsky più avanti) la definivano come “la presa del controllo dei mezzi di produzione da parte del Proletariato” (traduco ad sensum e a memoria). Non ha nulla a che fare con l’occupazione dello Stato da parte del Proletariato, o chi per esso.

Se già ai tempi l’occupazione dello Stato non fu sufficiente, e non lo sarebbe nemmeno con metodi democratici, oggi è ancor meno sufficiente…

E questo è importante, perché non lo si persegue più… Ormai è dato per scontato che i mezzi di produzione, le fabbriche, i latifondi, i supermercati, la grande distribuzione, siano dominio unico e dittatoriale del grande capitale, e se non ci va bene questa dittatura della borghesia 2.0 o 3.0 o qualsivoglia  punto zero, beh, “tough luck,” come si dice in inglese (traducibile con “arrangiatevi!” o ancor meglio, “axxi vostri”)!

Il problema è che in un sistema democratico, anche qualora si avesse un governo di vera Sinistra (e qua già andiamo nella fantapolitica per il nostro Paese), non ci sarebbe alcun cambiamento vero del tessuto economico e sociale se non si perseguisse una democratizzazione del lavoro.

Senza di essa, il massimo a cui un governo può aspirare è ridare alcuni dei diritti persi (grazie Renzi, n.d.r.) ai lavoratori ed alle lavoratrici. Ovvero, rimane un limite arbitrario al cambiamento, ed un limite che protegge quello che è di fatto (e pure in teoria) lo sfruttamento del lavoro e delle persone, che non è altro che schiavismo 2.0, 3.0, ecc…

E se allora la democratizzazione del lavoro nasce dallo stesso concetto della dittatura del Proletariato, ma ne esclude gli errori interpretativi, e la aggiorna ai tempi moderni. Ed anche qua, Wolff ci dà una mano…

Allora, sapete che i Progressisti USA (quelli di Sanders, Occasio Cortez, Katie Porter etc.) guardano anche ad un modello che l’Italia si è fatta sfuggire, o meglio ha distrutto da sola? E stanno cercando di implementarlo anche nella patria del capitalismo? Parlo delle cooperative, quelle vere… Eh, sì, il sistema cooperativistico è intrinsecamente più efficiente di quello corporativista, oltre ad essere più democratico…

E qui uno spunto; in Italia, purtroppo, siamo troppo abituati ad accettare… Quando qualcosa succede diventa, per una strana perversione del nostro paradigma mentale, non solo un dato di fatto, il che è corretto, ma anche implicitamente giusto…

Ed invece, in Italia serve una riforma delle cooperative, una legge che renda le cooperative vere cooperative. Per cortesia, ce ne sono ancora, ma ormai la legge ha trasformato il termine cooperativa in “corporazione con la faccia buona ma la coscienza sporca”. Ed infatti, noto che sta entrando in voga il termine “false cooperative”; e così  le dobbiamo chiamare.

Anche qua, dobbiamo fare quello che ha fatto Wolff: tornare al bivio dove le cose sono cominciate ad andare male, e prendere l’altra strada.

Ma Wolff guarda anche alla Germania, dove il Socialismo esiste, non solo nello stato sociale, non solo perché oggi al governo ci sono partiti di Sinistra, non solo perché hanno un salario minimo… Pochi lo sanno infatti… In Germania, la democratizzazione del lavoro esiste, ed è ad uno stadio avanzato.

In Germania non ci sono veri consigli di amministrazione, o almeno non si chiamano così. Lo chiamano “cogestione”, e significa che per legge, in quello che da noi sarebbe chiamato CDA, devono essere presenti i rappresentanti eletti da e tra i dipendenti, per l’esattezza, minimo un terzo se l’impresa ha tra 500 e 2.000 dipendenti, e minimo il 50% se oltre i 2.000.

Ci si chiede perché le ditte tedesche sono così efficienti? Studi dimostrano che il fatto che i dipendenti siano presenti nella gestione del lavoro incrementa la produttività in modo molto significativo. Ci si chiede perché le ditte tedesche non chiudono mai? Perché non lo decide un azionista che non ha alcun interesse nella ditta, ma gente che porta a casa un salario, e sono nella “stanza dei bottoni”.

Da noi, qualche lacchè degli azionisti decide a porte chiuse di licenziare per far far profitto agli azionisti stessi, in Germania, voglio vedere con che faccia vai davanti ai tuoi ed alle tue dipendenti chiedendo il permesso di licenziarli e licenziarle... E allora si trovano soluzioni alternative (modernizzazione, investimenti, ristrutturazione) e le ditte non licenziano e non chiudono quasi mai… E non te lo fanno sapere con un SMS che per gonfiare un conto in banca nelle Isole Cayman tu finisci senza lavoro…

E di alternative ne esistono altre, ma bisogna rompere una barriera. Se essere radicali significa chiedere il salario minimo, siamo messi male, e qui in Italia già sembra voler molto… Ma il salario minimo, ottimo e necessario, non cambia la strutture economica e sociale del paese alle radici, è sempre una misura correttiva di un’ingiustizia, non introduce la partecipazione democratica delle e dei dipendenti sul lavoro. E poi dipenderà sempre dalla generosità (o meno) del governo (piuttosto che del cosiddetto “datore” di lavoro) aumentarlo se necessario. E si torna a quella “democrazietta” per cui si spera che tutto si risolva con un voto ogni cinque anni…

Ed è qua che in Italia è ben ora che ci si tolga di dosso quella mentalità isolana, sciovinista e con fetore di fascismo per cui, “Ma qua siamo in Italia,” o ancor peggio, “Gli italiani sono comunque i migliori,” e si aprano le porte ad idee che si sviluppano in tutto il mondo, che ci si guardi intorno, e che non ci si vergogni di pensieri veramente radicali, e veramente trasformativi, come la democratizzazione del lavoro.

 

Adriano Bulla, 7 febbraio 2022

 

 

 

La Generazione di Mosè

La Generazione di Mosè

 

Parlo di noi cresciuti con i sogni degli anni ’60 e ’70, vissuti in prima persona o che comunque abbiamo potuto assorbirli e farli nostri… Poi ci furono gli anni ’80; e ci cambiarono i sogni. Ma se vogliamo, i nostri sogni erano l’alternativa a quella fiaba per bambini del “sogno americano” fatto di pubblicità con colori pastello di massaie felici con l’aspirapolvere, diventato incubo, come tutte le false narrative dl capitalismo…

Noi che credevamo che nel 2000 saremmo andati in vacanza sulla Luna; che nel 2000 la guerra non sarebbe più esistita – forse proprio perché cresciuti col terrore dell’olocausto nucleare; noi che credevamo che nel nuovo millennio non ci sarebbero state più discriminazioni… Perché in quelle quattro decadi che precedono l’11 settembre e la guerra senza fine neoconservatrice, razzismo, omofobia, misoginia e xenofobia sembravano idee già vecchie, in via di estinzione…

Noi che abbiamo avuto una buona educazione, ma che poi ci siamo trovati ad avere i nostri diritti, le nostre conquiste e, perché no? Anche le nostre pensioni rubate da un neoliberismo selvaggio ed estremista nonché reazionario. Noi che ereditiamo un mondo peggiore di quello dei nostri genitori.

Ma siamo anche noi gli stessi che, “Sì, l’ambientalismo conta ma…” Noi che “Dove è finita la Sinistra?” e non ci guardiamo intorno per cercarla, né parliamo tra di noi per ricostruirla… Noi che ci siamo visti chiamare “Komunisti” in modo dispregiativo e non abbiamo saputo rispondere, “Siamo orgogliosi di esserlo”, forse perché l’ignoranza fa sì che la gente non sappia nemmeno cosa significhino parole come “Comunismo”, “Socialismo”, “capitalismo” (e m’è scappata la minuscola), né “libero mercato” – in quanto ad “Anarchia”… manco lo sanno gli “esperti” cosa significhi, nonostante Noam Chomsky non solo sia nostro contemporaneo, ma il più grande intellettuale vivente, a detta pure dei suoi detrattori…

Noi insomma, che almeno una “terra promessa” la abbiamo sognata e che, a differenza di altri, non solo non ce la siamo pigliata con la forza, la guerra ed il genocidio, non aspettando che la divinità che la promise poi mantenesse tale promessa… A noi, la terra, l’hanno tolta da sotto i nostri piedi. E nel frattempo ci hanno contato un’altra favola capitalista, quella che non esistono più le ideologie. È come giocare a briscola ma ad uno dei giocatori – noi – non vengon date le carte…

Noi insomma, quelli che oggi si arrabattano in un mondo fatto di frammenti strillati, di diritti rubati e di sogni – non messi nel cassetto – proprio messi in prigione, ed in isolamento…

Ma il furto di sogni non sarà punito dall’ordine costituito… No… quello, anche detto NWO, è quello che li ha rubati!

E come abbiamo risposto noi a questa crisi? Beh, al solito si parla di reazioni diverse… C’è chi ha chiuso le porte al sistema e si è costruito la sua utopia, e noi li si accusa di “non essere partecipi alla lotta di classe”; c’è chi è scappato all’estero; c’è chi si è arreso ma fa finta che no davanti ad un’apericena (qualsiasi cosa essa sia) con gli amici, prima che si ritiri in una casa grigia di periferia per la dose quotidiana di indottrinamento televisivo; c’è chi lotta ancora… Persino chi crede ancora in una imminente rivoluzione vecchio stile.

Ma non capitemi male: la rivoluzione sembra lontana, ma è non solo auspicabile – è necessaria. È necessaria o non lasceremo un pianeta vivibile ai nostri figli ed alle nostre figlie – anzi, alle vostre ed ai vostri. “Ay, there’s the rub,” direbbe qui Amleto (“Sì, ed è qui il problema,”) quello stupendo personaggio shakespeariano che come noi è a cavallo di due epoche, due paradigmi mentali, due mondi, e, quel che conta, due generazioni, una medievale ed una rinascimentale.

E noi dobbiamo capire che le rivoluzioni non devono per forza avvenire in una generazione. Non quelle vere. Anzi, delle rivoluzioni forzate in pochi anni, di esempi di successo, beh, lascio a voi contarli… ci riuscirebbe persino un leghista con le dita della sua mano – che almeno non impegnerebbe a rubare per un po’…

Riprendendo la nostra strada… e se ci volesse di più di una generazione per una rivoluzione gentile ma efficace e duratura? Se servisse una generazione di transizione, come quella di Amleto? Una generazione che vede il futuro, ma che sa che non sarà suo? Non sarà forse pure questo che è mancato alle rivoluzioni forzate?

E poi, guardandoci in faccia, né tu né io, insomma, noi, saremo giovani, né di mezza età e forse nemmeno vecchi quando quel mondo, forse e si spera pure senza confini, come i più audaci di noi osavano sperare e sognare – beh, non sarà il “nostro” mondo nel senso del mondo in cui viviamo… Quella parte dl sogno, ormai ce la siamo giocata.

Ma ciò significa che non dobbiamo sognare? No! E che il sogno fosse sbagliato? No! E che il sogno sia irrealizzabile? No! E dobbiamo solo uscire da quella prospettiva miope delle nostre vite, del nostro ruolo su questo pianeta che chiude gli occhi al momento della nostra morte per capirlo… E la Sinistra deve essere lungimirante e generosa.

Lungimirante perché ogni generazione deve riuscire a vedere oltre se stessa; generosa perché mai più dovremo permetterci di lasciare ai nostri figli un mondo peggiore di quello che abbiamo ereditato. E questa è la lezione che dovremmo imparare dalla generazione prima di noi, quella dei poster color pastello con famiglie borghesi felici del nuovo gadget, che se ai tempi era utile, oggi non è altro che un mercato del vizio e della compensazione di voragini sociali ed emozionali modello 0.2, 0.3, 0.4… ad infinitum ma senza soluzione.

Noi dobbiamo capirlo che non stiamo lottando per noi stessi, ma per i nostri figli. Ai nostri genitori hanno tolto proprio quella prospettiva, ed è con finti regalini da 5 o massimo 80 euro, il micro aumento della pensione, il micro aumento del salario, che ci hanno distratto. O peggio è con un mefistofelico “la tua pensione anticipata in cambio di quella di tuo figlio” che hanno comprato se non l’anima, almeno la complicità e l’integrità di coscienza di milioni di persone…

Ma a proposito di Mefistofele… anche noi, come la generazione prima di noi, abbiamo in gran parte creduto alle menzogne del capitalismo. Forse non crediamo tanto che il nuovo smartphone o le vacanze preconfezionate o il cesso autopulente siano la fonte unica di felicità, ma tanti di noi hanno creduto a balle spaziali hollywoodiane. E che l’ideologa non esiste, e che l’utopia sia irrealizzabile, e che questo sia il miglior mondo ed il migliore sistema possibile. Ed è proprio così che ci hanno rubato i sogni!

Perché sapete, i sogni non si possono rubare a chi non crede alle fandonie. Ci hanno rubato sogni, ideologia, e persino cercano di rubarci parole come “Democrazia”, “dittatura” e pure “populismo”… Ed è ben ora che ce li ripigliassimo: le nostre parole, i nostri pensieri, la forza della nostra ideologia ed anche i nostri sogni.

Ma ricordiamoci, noi non lo faremo per tenerceli, né per viverli noi stessi, ma per lasciarli ai nostri figli, a quelle ragazze e quei ragazzi che ogni venerdì ci ricordano che se a noi hanno rubato i sogni, a loro hanno rubato tutto – ma proprio tutto!

E noi invece dobbiamo batterci, perché siano loro a poter vivere i nostri sogni. Dobbiamo lasciare loro un mondo dove la “terra promessa”, quella vera, quel mondo pacifico, verde, giusto, rispettoso, felice e migliore di sicuro di questa merda – perché chiamarlo “merda” è un complimento – e noi li porteremo forse solo fino a un passo, forse qualcuno di noi, le più fortunate e i più fortunati lo potranno anche vivere per qualche anno – ma noi li porteremo al monte, e poi lasceremo che siano loro a realizzare i loro – ed i nostri – sogni, perché i sogni dell’Umanità vera e buona sono molto simili, e certo compatibili tra loro, come sempre sono le forme del bene…

E noi li porteremo fino alla montagna, dove possono vedere quel Mondo Nuovo e Giusto, e li lasceremo andare, libere e liberi  – come fece Mosè…

Adriano Bulla, 23 agosto 2023

 

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